Premessa
La mia prima fortuna è poter svolgere un lavoro che ben si combina con le accresciute e crescenti esigenze di smart e remote working. La seconda è che svolgo la mia professione nello stesso luogo in cui vivo (ne parlo qui). E la terza è che mi concedo l’ufficio – una sorta di co-working con alcuni dei professionisti con cui collaboro – per separare l’attività lavorativa dalla vita familiare.
Dopo il lock-down della primavera dello scorso anno, ho ripreso l’andirivieni casa-ufficio, conservando alcune buone abitudini dalla permanenza casalinga. Tra queste, l’ascolto attivo degli audiolibri che ha sostituito quello passivo della radio e della musica durante il tragitto in auto. Ne ho già scritto nel post “Di lettura, libri, ebook e audiolibri“: apprezzo gli audiolibri, li vedo come una comoda alternativa che compensa la lettura di libri ed ebook in un momento in cui non sarebbe possibile farlo. Per me, la lettura ha il suo spazio in altri momenti della giornata.
Ho finito di ascoltare da poco “Brand You – La serie completa” di Riccardo Scandellari, Audible Original. Uscito nel 2019, rientrava nella lista infinita di cose su cui curiosare che, presumo, mi accomuna a molti. E sono rimasto soddisfatto dell’ascolto per più di un motivo: per questo ho preso spunto e pretesto per parlarne e agganciarlo ad aspetti attuali. Non è secondario, perché ammetto che ero titubante ad ascoltare un contenuto prodotto nel 2019, nel solo formato audiolibro. Lo scetticismo era dato da 2 fattori: il primo relativo al mio ambito, così mutevole e mutante, specialmente con la “frenata acceleratrice” (la contro-intuizione ci sta bene) della pandemia; il secondo è che l’assenza di un corrispettivo scritto dell’opera mi lasciava perplesso, annoverandola nei miei pregiudizi più come un podcast che non come un audiolibro.
Fortunatamente, ho potuto ricredermi e di questo rendo merito a Riccardo Scandellari, perché Brand You mi è apparso un ibrido funzionale: unisce l’approfondimento del libro e l’organizzazione a episodi del podcast, il marchio delle cose delle cose fatte con cura, caratteristica saliente ed essenziale di ogni evergreen.
Riccardo “skande” Scandellari
Tutto è marketing, ciò che fai, le storie che racconti, il modo in cui vivi la tua vita. Per qualsiasi professionista curare il proprio Brand è un’attività fondamentale e inevitabile. Qualsiasi interazione o comunicazione fai online, tracci una percezione di te che fissa nell’immaginario di chi ti vede un’opinione. Le percezioni che diffondi, interagendo online, incidono sulla fiducia di chi ti osserva e contribuiscono al tuo successo futuro.
Riccardo Scandellari
Di Scandellari – autore, formatore, consulente e speaker – mi piace l’approccio:
Credo in un marketing elegante, etico, creativo.
Riccardo Scandellari
Leggo da molto tempo i post sul suo blog skande.com, da più di un anno sono iscritto alla sua newsletter e da qualche mese (appena hanno rilasciato la funzione) sono iscritto alla sua newsletter su LinkedIn. Brand You è stata la seconda “opera” che ho approfondito, dopo l’ebook LinkedIn Personal Branding. Sì, sono l’utente peggiore dal punto di vista del marketing, ma forse per questo seguo skande, perché so che apprezza avere un seguito di persone, non like e follower sui social media. Sono un seguace che non “converte”, fidelizzato a chiacchiere, fruitore di contenuti, ma meno portato all’acquisto. Beh, skande, penso che stia iniziando un’inversione di tendenza e metto qui la lista, a perpetua memoria mia – oltre che del lettore – dei testi che ho felicemente inserito nella lista delle prossime letture:
- Dimmi chi sei. Scopri perché sei unico e ottieni attenzione, fiducia e contatti
- Rock’n’blog. Diventa una rockstar della comunicazione digitale
- Fai di te stesso un brand. Personal branding e reputazione online
- Promuovi te stesso. Crea il tuo personal branding con una comunicazione mirata e vincente
- Afferma la tua identità con il net branding. Costruisci contenuti concreti e rafforza la tua reputazione online
Mi mancherà la sonorizzazione della Z tipicamente emiliana, che ho iniziato ad amare da piccolo ascoltando Luca Carboni, e che non poteva mancare in professionista di Ferrara, la cui azienda ha sede in via Bologna (!).
Brand You – Comunicazione e reputazione digitale
L’opera è divisa in 5 sezioni:
- Upgrade. Alle origini del Personal Branding: Comunicare bene la propria professionalità, costruirsi una community di persone interessate, ed essere un punto di riferimento per crescita e lavoro. È l’impegno per chi vuole ottenere fiducia e la vicinanza di un pubblico.
- Connect. La comunicazione attraverso blog e social network: Una comunicazione efficace si basa sulla conoscenza di strumenti e algoritmi che regolano il mondo della comunicazione digitale. In questo episodio introduco Blog, social e algoritmi.
- Content. Comunicare online attraverso social e Blog: Alla base del Marketing c’è sempre un contenuto. I contenuti sono la linfa vitale di ogni azione di marketing, comunicare è imprescindibile se si vuole ottenere l’attenzione di qualcuno. Le persone comprendono chi sei, i tuoi valori e le tue competenze attraverso quello che comunichi e come lo comunichi.
- Engagement. Atteggiamenti e relazioni: Non basta produrre contenuti bisogna distribuirli attraverso i social network. Punta a donare contenuti di valore, interessanti così sarà il tuo stesso pubblico a propagarli. Partecipa sulle varie piattaforme, crea buone relazioni e coinvolgi i tuoi ascoltatori.
- True fans. Reputazione e fiducia: La crescita del proprio personal brand è legata anche alla trasformazione personale. Il carattere fa il successo. I principali ingredienti sono la coerenza, il saper passare all’azione, lavorare per dare valore ad un pubblico a cui dare un senso di appartenenza.
Riflessioni
Come anticipato, l’opera in sé contiene molti elementi diversi, da quelli base (che, professionalmente, ho trovato scontati e ripetitivi) a interessanti ragionamenti di fondo (che invece mi hanno tenuto incollato alle auricolari). Tutto ciò rende l’opera esaustiva e interessante; ma è soprattutto la tesi di fondo di skande a piacermi e trovarmi pienamente d’accordo a mia volta
Sempre più, il marketing di massa si sta trasformando in una massa di nicchie.
Riccardo Scandellari
Rispetto al 2019, e in meno di due anni, il panorama è molto cambiato, ma è ancora essenziale lavorare sul proprio personal branding, sulla propria comunicazione online e reputazione digitale, promuovendosi a partire da una strategia e dei contenuti.
Il messaggio di Scandellari è lampante. Bisogna avere innanzitutto qualcosa da dire, poi scegliere la piattaforma migliore e più congeniale – nel nostro caso – da presidiare: curare la produzione di contenuti scritti, distribuendoli tramite un blog proprietario e inviandoli tramite newsletter è il modo più sicuro per favorire da un alto il posizionamento sui motori di ricerca (Google in primis) e un contatto diretto con il proprio seguito.
Se non si è a proprio agio con la scrittura, ma si è abili e si ha l’attitudine a stare davanti alla telecamera, si possono pubblicare video su YouTube, secondo motore di ricerca più utilizzato dopo Google.
Si può lavorare molto bene con LinkedIn se si offrono servizi a professionisti e aziende, ma già le dinamiche della piattaforma sono a tutti gli effetti quelle di un social media, per quanto meriti una riflessione il lancio delle newsletter di LinkedIn (rilasciate al momento solo su invito) oppure l’acquisizione di Revue da parte di Twitter (Revue è una piattaforma per newsletter editoriali). Insomma, la direzione sembra essere quella di una comunicazione più diretta alla community di persone che seguono la persona o il brand e meno incentrata sulle incertezze casuali degli algoritmi dei social media.
Le piattaforme social media si basano su altri criteri, hanno una diversa gestione delle interazioni, altre tempistiche, algoritmi alimentati da machine learning differenti. Possono contribuire in prima battuta a veicolare popolarità, ma restano un territorio senza mappa né bussola per veicolare il messaggio e costruirsi un seguito stabile.
Naturalmente, il discorso non si applica a tutte le professioni: tanto per fare due esempi, un fotografo comunicherà attraverso le immagini su Instagram o un videomaker lo farà attraverso i video su YouTube (che comunque è un social media a tutti gli effetti).
Ma le ricerche degli utenti avvengono comunque prima di tutto sui motori di ricerca, quindi il contenuto resta sempre il punto di partenza di qualsiasi strategia.
La differenza rispetto al recente passato è che ora più di prima è il contesto a essere fondamentale. Anche nell’online advertising, cioè la pubblicità online sulle varie piattaforme (ecosistema Facebook, Google Ads, LinkedIn Ads e via dicendo), ciò che può fare la differenza, fermo restando la creatività (testi, immagini, video), è la distribuzione.
Se il contenuto è di valore deve essere distribuito bene, altrimenti l’investimento in termini di energie, tempo e risorse per produrlo non ripaga degli sforzi. Certo, non vale per tutti, ed è un’estremizzazione da prendere col beneficio d’inventario, ma provocatoriamente direi che almeno nella realtà italiana di professionisti e PMI, vadano dimenticate le aperture al mondo e i “bagni di follower” possibili fino a 10 anni fa.
Il mondo digitale sta cambiando e i numeri posso essere spesso metriche della vanità che ci inglobano in ragionamenti sbagliati: torna in auge sempre più Kevin Kelly con i suoi 1000 veri fan, per orientarci in questo sistema variegato.
Forse non abbiamo bisogno di migliaia o milioni di followers. Ne bastano pochi, ma buoni per noi. L’importante è tenere a mente che non sono numeri né statistiche, ma persone vere, reali, pensanti e libere di fare scelte. Coltivare con loro un rapporto, conversare, andare d’accordo o essere in disaccordo, sono aspetti preziosi non riducibili ad azioni superficiali eseguibili senza pensarci.
Sui social ci caratterizziamo e siamo caratterizzati da velocità e semplificazione. Questo è il motivo per cui le piattaforme stesse prediligono e premiano questi comportamenti, perché ben si addicono ai loro obiettivi (farti trascorrere più tempo possibile connesso) e alle loro logiche di business (vendono pubblicità da mostrare agli utenti connessi). Premiano chi produce contenuti interessanti per gli utenti (frivolezze e odio, ironia e gattini, comicità vera o presunta) perché contribuiscono a tenergli attivo il pollice nello scrolling del feed: solo così avranno informazioni su target, numeri, dispositivi, piattaforme, localizzazione geografica e compagnia danzante per garantire agli inserzionisti risultati in cambio di investimenti.
Ecosistemi pensati così possono essere uno spazio sicuro per gettare fondamenta solide per la propria professione? Ovunque online si vanno ri-creando gruppi privati e piccole comunità, nicchie a cui accedere su invito (si pensi a Club House, che segue il trend della voce), insomma persone fortemente focalizzate su un argomento o accomunate da interessi specifici. Sarà un caso?
Quando mi dicono “cosa te ne fai del Blog e della newsletter?”, dico loro che è il luogo in cui genero una vera attenzione, alcuni clienti e molti amici.
Riccardo Scandellari