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Recensione di “Svuota il Carrello” di Gianluca Diegoli

Indice

C’è un passaggio nel film Un sacco bello di Carlo Verdone in cui Mario Brega esclama:

“Manco le basi del mestiere te ricordi…”

Ecco, è la citazione che m’è scaturita leggendo “Svuota il carrello. Il Marketing spiegato benissimo” di Gianluca Diegoli, in cui l’autore (ri)parte proprio dalle basi del suo settore, il marketing e, con la scusa di scrivere un manuale di autodifesa per i consumatori che è anche un breviario minimo per aspiranti marketer, sembra ricordare a tutti i markettari (veri o presunti) che ripartire dalle basi è… la base.

Da tempo ormai si sente parlare di qualcosa-marketing (web-, social-, email-, ecc), ma in effetti prima di internet non c’erano distinzioni: il marketing era tale per la pubblicità sulla carta stampata e le affissioni pubblicitarie, passando per gli spot in radio e la réclame in televisione. Non si sottilizzava sulle tipologie di marketing, come invece è accaduto dopo, con l’avvento di internet. Forse perché non esistono differenziazioni, le basi della disciplina sono quelle e restano valide.

Possono cambiare i mercati, mutare le abitudini d’acquisto o di consumo delle persone, può persino evolvere il livello di consapevolezza degli acquirenti (il libro serve anche a questo), ma il marketing è una disciplina composta da alcuni capisaldi imprescindibili.

“Svuota il carrello” è un libro divertente e interessante anche (anzi soprattutto) per i non addetti ai lavori, con tanto di bibliografia essenziale e glossario alla fine “per fare bella figura alle riunioni”, come suggerisce lo stesso @gluca.

Un testo in cui il marketing è davvero spiegato benissimo, in tutte le sue caratteristiche teorico-pratiche, prendendo sia in giro che sul serio gli aspetti del marketing che funzionano e quelli che non funzionano. A partire dalla riflessione legata al titolo stesso, svuota il carrello, che era il pulsante che si trovava in tutti gli e-commerce e che è sparito da un certo momento in poi. Serviva agli sviluppatori per velocizzare le fasi di test, ma restava visibile nel sito anche quando passava dalla fase di sviluppo a quella di produzione, divenendo il freno al raptus di acquisto compulsivo degli utenti. Ed ecco che è intervenuto il marketing, anzi un marketer, che prima di tutti ha compreso l’importanza di eliminare la funzione e trasformare il simbolo dell’acquisto offline nel più vantaggioso affare del commercio on-line.

Senza la possibilità di eliminare in un colpo solo tutti i prodotti aggiunti al carrello, gli utenti sono diventati meno giocosi nel fare shopping online, ma non meno parsimoniosi, anche perché nel frattempo il marketing ha elaborato altre soluzioni per consentirci di continuare a spendere con nonchalance. Se vogliono svuotare il carrello devono farlo un prodotto per volta, ma se vogliono acquistare, ormai, possono farlo anche senza passare dal carrello: si va dritti al check out, e non ci si pensa più.

Con onestà Diegoli confessa che la scelta di usare la parola “carrello” è avvenuta sulla scia del successo di altri libri che contengono la parola carrello nel titolo, cito tra i tanti “Le bugie nel carrello” di Dario Bressanini (che tra l’altro consiglio). E, proprio come Bressanini che insieme al lettore fa il giro del supermercato come fosse un museo dei nostri tempi, anche il nostro ci accompagna in diverse ambientazioni, sperimentando “in luoghi proni al consumo” varie esperienze di acquisto, solo per noi. Ecco le tappe del viaggio:

  1. Un marketer entra in un caffè ed è subito capitolo 1, in cui emergono dalla tazzina prodotti civetta, upselling e cross selling, scontrino medio, acquisto di impulso e bundle.
  2. Dopo il bar c’è la tabaccheria, luogo simbolo del capitolo 2 dove sperimentare il gusto del proibito trattando di stickiness, elasticità della domanda al prezzo, associazione, brand awareness, coerenza simpatia licensing e brand extension.
  3. Ecco che, nel supermercato del capitolo 3, si vanno a scoperchiare gli involucri del marketing affrontando packaging, scaffali, unique selling proposition, claim, focus group, neuromarketing e riprova sociale.
  4. Nel capitolo 4 è la volta del centro commerciale, della piramide di Maslow, del prodotto esteso, della domanda latente, del mental accounting, del marketing sensoriale, del fattore di impazienza e dello showrooming.
  5. Tanto è solo pubblicità. Tanto non ci crede nessuno. Fatto è che nel capitolo 5 Diegoli descrive alcuni spot televisivi e scrive di Gross Rating Point, iperbole, pensieri lenti e veloci, Call to Action, effetto esposizione, priming e cultural imprinting.
  6. Nel capitolo 6 l’autore acquista un divano nuovo e la narrazione è dedicata all’avversione al rischio, al ciclo di vita del prodotto, all’obsolescenza psicologica, all’utilità di transizione, al bias del presente e al customer lifetime value.
  7. Il capitolo 7 è un autentico capolavoro di questo viaggio insieme: con la scusa della sosta in Autogrill, vengono affrontati inbound e outbound marketing, funnel e reciprocità.
  8. Al capitolo 8 ci si prende una pausa refrigerante di un paio di giorni sull’appennino modenese, occasione per parlare della domanda di mercato, del prezzo dinamico, del prodotto succedaneo, della discriminazione di prezzo, del brand storytelling e dei costi di distribuzione.
  9. Nel capitolo 9 l’autore affronta di petto referenze e assortimento, moltiplicazioni di varianti e Good Enough, senza tralasciare la legge di Hick, il connoisseur, la fase di maturità e le matrici SWOT.
  10. Nel capitolo 10 il viaggio ci conduce dritti dritti dentro un post di Instagram, occasione per focalizzarsi su Fear of Missing Out, engagement, influencer marketing, unboxing, microinfluencer, attribuzione della vendita, varie autorità ed effetto alone.
  11. Siamo a casa, nel capitolo 11, in attesa della spesa a domicilio, dei costi espliciti e impliciti, delle fidelity card, dei micro momenti, dei venture capitalist, dell’intelligenza artificiale, di default bias e abbonamenti.
  12. E stando a casa, nel capitolo 12, squilla l’immancabile telefono per affrontare call center, interruption marketing, confirmation bias, costi sommersi e televendite.
  13. Nel capitolo 13 il viaggio si inerpica in un cookie del retargeting, ma solo per parlarne ovviamente, insieme a gamification, targeting, pubblicità data-driven, domination, remarketing, pubblicità tabellare e adblock.
  14. Dal furgone di Amazon, si snoda il capitolo 14 con la sua coda lunga, le nicchie di mercato, il retailer 2.0, il costo per click, i carrelli abbandonati, le recensioni on-line, la scarsità e i pagamenti one click.
  15. Nel capitolo 15, a suggello del percorso fatto insieme, Gianluca Diegoli si immola partecipando all’evento di un guru del marketing e ci racconta di trigger, funnel digitali, conversione, reframing, magnet, email automation, lead nurturing e survivor bias.

Seppure qualcosa non ha funzionato di quanto teorizzato nel Cluetrain Manifesto del 1999 e, se vogliamo, a prescindere pure dal fatto che i mercati siano o no conversazioni, sicuramente alle persone piace conversare con altre persone, e @gluca ne è consapevole: alcuni suoi lettori sono iscritti anche alla sua newsletter, ma in questo caso sono consumatori e la conversazione si avvia (per loro prosegue) dalla prima pagina del libro, dove vengono ringraziati per la fiducia accordatagli. Insomma, Gianluca Diegoli è l’incarnazione delle tesi e delle antitesi della sua disciplina, un po’ buona e un po’ cattiva, perché in fondo “il marketing è un thriller e in quanto tale non si ha ben chiaro se sia buono o cattivo”, i confini non sono nettamente delineati.

In conclusione, ne consiglio la lettura e tra l’altro, per ammissione dello stesso autore nella sua lettera del venerdì, leggerlo “fa fare una gran figura nelle spiagge in cui leggere distanziati”, non fosse altro che per la copertina che “ha quell’aria da detersivo per i delicati che adoro”. E questo anche io l’ho sperimentato in prima persona per voi, in un week-end di mare sulla sabbia nera di Ladispoli (se vi è scattata un’altra citazione verdoniana non era mia intenzione, sono andato davvero lì).

© 2020-2022 Francesco Pelliccia
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